Dall’analisi di tutti i casi e dalle review dei lavori di altri medici e studiosi, inclusi nel volume Spontaneous Remission, Hirshberg e O’Regan riassumono le varie ipotesi maturate, durante il corso del Novecento, sui meccanismi che possano spiegare le remissioni spontanee, soprattutto per quel che si riferisce al cancro. Già dall’inizio del secolo, diversi autori suggerivano che la tendenza dei tumori non fosse necessariamente progressiva, ma che si trattasse di un fenomeno nel quale possono alternarsi fasi di crescita, di stasi e di regressione, le quali dipendono dalle naturali capacità del corpo di contenerle.
Nel tempo, diversi ricercatori segnalarono che molti casi di remissione spostanea erano stati preceduti dai seguenti eventi:
- presenza importante di liquido ascitico nelle cavità ventrali, responsabile di un probabile effetto citolitico sulle cellule cancerose;
- trasfusione di plasma;
- biopsie o interventi chirurgici con rimozione parziale del tumore;
- operazioni di canalizzazione;
- infezioni acute accompagnate da alte febbri, dovute a erisipela, vaiolo, polmonite, malaria o tubercolosi, infezioni di ferite, ascessi, orticaria ed epatiti;
- alterazioni del metabolismo come nei casi di cachessia, menopausa artificiale o gravidanza;
- sclerosi dei vasi sanguigni che portavano nutrimento al tumore;
- shock severo del sistema come coma o emorragie;
- attivazione di geni inibitori della proliferazione cellulare degli oncogeni.
L’ipotesi sottostante era che questa serie di eventi avesse innescato da parte dell’organismo una reazione di riconoscimento del tumore quale elemento estraneo al self1, dando luogo alle conseguenti risposte di tipo immunitario o molecolare per eliminarlo.
Anche il dr. Oscar Carl Simonton (Simonton, 1978) sosteneva che i casi di guarigione accaduti ai suoi pazienti fossero dovuti a una migliorata risposta del sistema immunitario a seguito di un percorso di crescita personale basato sulla speranza, la gioia e la gestione ottimale dello stress.
Non tutti concordavano però sul fatto che il meccanismo di remissione si dovesse al sistema immunitario, in quanto fino al 1970 esisteva la generale credenza che questo non potesse riuscire ad eliminare tumori di dimensione superiore al centimetro. A smentire questo assunto contribuì, in quell’anno, un articolo del dr. Bell (Bell, 1970), della scuola di medicina dell’Università di Washington, il quale illustrò il caso di Joe Mayerle, un paziente affetto da neoplasie polmonari inoperabili, il quale, dopo essere stato trattato con una radioterapia blanda, priva di effetti, era stato mandato a casa con una aspettativa di vita tra i due e i sei mesi. L’uomo soffriva di febbri intemittenti ed era ormai anoressico, ma non aveva alcuna intenzione di morire perché sua moglie era in attesa e lui voleva assolutamente conoscere suo figlio. Egli si ripeteva che le sue forze di autoguarigione ce l’avrebbero fatta da sole, lentamente iniziò a fare qualche piccolo lavoro all’aperto e dopo sei mesi ogni traccia di tumore era scomparsa. Il dr. Bell mise in coltura i suoi linfociti con cellule tumorali di altri malati e con sua grande sorpresa scoprì che questi inibivano la crescita tumorale dal 23,2% al 52% e che inducevano l’apoptosi2 solo nelle cellule tumorali. Mise poi in coltura linfociti di altri pazienti e vide che in media la loro capacità di inibizione della crescita tumorale non superava il 4%. Questo dimostrava che effettivamente il signor Mayerle aveva avuto una risposta immunitaria eccezionale e che questa era stata capace di ridurre le sue neoplasie. Dopo dieci anni il paziente continuava a godere di ottima salute. Se siano state la sua determinazione nel voler vivere e la sua fiducia nelle capacità di autoguarigione del suo corpo, a dare una marcia in più al suo sistema immunitario, non è dato sapere, essendo un dato non misurabile. Possiamo però ascoltare profondamente le sue sensazioni (citato in Bizzarri, 1999, p.1793):
Mi resi conto di una svolta. Di colpo non ebbi più bisogno di pensare alla morte. I miei pensieri presero un’altra direzione: trarre il massimo profitto possibile da quello che mi restava da vivere. Fu un periodo di scoperte, di stupore, mentre mi osservavo tirare avanti nella routine quotidiana. Ogni più semplice azione aveva un profondo significato. Nel mio stato di esasperata coscienza, anche l’atto più banale, come grattarmi la pelle che mi prudeva, mi colpiva per la bellezza dolorosa del semplice sentire, essere, vivere. Il rumore dell’acqua che scendeva da un rubinetto, della carta piegata, dei passi in corridoio – tutto riecheggiava nell’intimo dell’anima… Sole e ombra, alberi, erba, persone, cani – le cose più ovvie avevano una tale indescrivibile bellezza da farmi venire le lacrime agli occhi.
La scoperta del dr. Bell si unì a quella serie di risultati che portarono dalla tossina di Coley3 allo sviluppo della moderna immunoterapia, mediante la quale si cerca di modulare artificialmente il fenomeno che probabilmente sta alla base delle guarigioni straordinarie.
Ci furono però molti casi per i quali la remissione spontanea non veniva ricondotta alle categorie di eventi sopra citate, ma a questioni ambientali, sociali e psicologiche proprie della persona. Si dovettero aspettare gli anni Ottanta e la PNEI per includere tra i possibili fattori di remissione anche la vita psicologica ed emotiva la quale, attraverso la sua azione sui centri ipotalamici, può influenzare l’attività endocrina e di conseguenza il tipo di risposta immunitaria.
Negli ultimi cinquant’anni è stato confermato dalla Psicosomatica che l’orientamento e l’efficacia della risposta immunitaria in senso antitumorale sono fortemente correlati al fatto che la persona riesca a gestire i suoi livelli di stress. Queste conclusioni vengono inoltre rinforzate dagli studi di tipo psicologico e comportamentale, i quali rilevano come attività e convinzioni capaci di aumentare il livello di rilassamento, di fiducia, la motivazione alla vita, la propria autodeterminazione, la qualità delle relazioni, l’espressione delle emozioni, la salubrità della dieta e l’attività fisica, siano elementi presenti nella gran parte dei casi di remissione spontanea del cancro.
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Bibliografia
Bell J.W., (1970), “Possible immune factors in spontaneous regression of bronchogenic carcinoma. Ten year survival in a patient treated with minimal (1,200 r) radiation alone”, Am J Surg, Dec;120(6):804-6.
Bizzarri M. (1999), La mente e il cancro, Frontiera Editore, Milano
Hirshberg C., O’Reagan B. (1993), Spontaneous Remission, Institute of Noetic Sciences, Sausalito (CA).
Hirshberg C., Barasch M.I. (1995), Remarkable Ricovery: What Extraordinary Healings Tell Us About Getting Well and Staying Well, Riverhead, New York.
Simonton C., Matthews-Simonton S., Creighton J. L. (1978), Getting well again, Bantam Books, New York, (trad. it. Ritorno alla salute, Edizioni Amrita, Torino, 2005).
Note
1 Ovvero estraneo a ciò che l’organismo riconosce come parte del sistema e funzionale allo stesso.
2 Ossia la morte cellulare.
3 Testimonianza raccolta da Bolotin R., “Cancer can be conquered”, in The Saturday Evening Post, maggio 1974, p.24-29
4 William Bradley Coley (1892-1936) fu un chirurgo e ricercatore oncologico che negli anni Novanta del XIX secolo aveva scoperto che dei pazienti malati di sarcoma avevano sperimentato una remissione spontanea a seguito di alte febbri dovute a un’infezione di erisipela. Ipotizzando che la reazione immunitaria fosse stata il canale principale per la guarigione, mise a punto un vaccino, in seguito chiamato Tossina di Coley, composto due batteri resi inattivi, lo streptococcus pyogenes e la serratia marcescens. La Tossina di Coley, primo vaccino anticancro, riportò percentuali di successo del 50% e una tollerabilità molto maggiore a quella delle chemioterapie, fu considerata un’efficace rimedio contro i sarcomi fino agli anni Cinquanta.