Introduzione
A fronte di un problema di salute, le soluzioni che vengono abitualmente proposte riguardano esclusivamente il corpo, considerato come un’entità materiale indipendente dalla persona che lo “abita”. È ormai assodato che il fatto di stare bene o di stare male, riguarda l’essere umano in quanto sistema formato da una dimensione fisica e una psichica ed emotiva, ed è la specificità psicofisica di ciascuno che spiega lo stato di salute così come la capacità di risposta alle cure di ogni individuo.
Nella situazione della malattia è dunque necessario fornire alla persona non solo un supporto diretto all’aspetto fisico del suo problema ma anche un sostegno che la aiuti a ritornare, dal punto di vista psichico ed emotivo, in una posizione di forza interiore; è infatti da detta posizione di forza che vengono potenziati tutti i processi che riportano l’organismo verso l’equilibrio. In questo articolo vedremo come il counseling di approccio psicosomatico possa essere d’aiuto in una situazione di particolare difficoltà e delicatezza come quella rappresentata da un problema di salute.
Un’assistenza diversa
Negli ultimi decenni si è assistito a una crescita importante della domanda di aiuto di tipo “olistico” dovuta al diffondersi di un’interiore necessità di prendersi cura di mente e corpo in quanto parti indissociabili del benessere. Allo stesso tempo si rileva una sempre maggiore sensibilità, sia da parte del pubblico che del personale socio-sanitario, verso gli effetti benefici derivanti dalla relazione tra l’operatore della salute e l’individuo, espressa in termini di empatia e di capacità comunicative e di ascolto di quel che la persona è oltre il suo corpo.
Questi elementi sembrano indicare che i modelli di intervento tradizionali basati sull’approccio medico e su quello psicoterapeutico non riescano più a “riempire il bicchiere” delle esigenze di chi richiede assistenza. Entrambi gli approcci infatti, pur mostrando un certo grado di successo, concentrano le loro competenze e pratiche terapeutiche solo su ciò che ricade all’interno del loro specifico campo di operatività, senza che si arrivi dunque a comprendere quali aspetti fisici abbiano un impatto a livello psichico o quali malesseri emotivi possano favorire i processi di somatizzazione, ovvero di “iscrizione” del disagio nel corpo.
La visione psicosomatica del sintomo
Dal secolo scorso sono in atto studi e ricerche congiunti, da parte della psicologia e della medicina, per portare luce sulle relazioni tra psiche e corpo attraverso la psicosomatica, disciplina che si è avvalsa di numerosi apporti teorici e studi clinici, dalla psicoanalisi alle teorie sullo stress e dalla medicina psicosomatica alla Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia (PNEI) o dalle teorie dal deficit alla bioenergetica, per citarne solo alcuni. La psicosomatica ha ormai dimostrato l’esistenza di un legame circolare molto forte tra psiche e soma, confermando dunque la stretta relazione tra la vita psichica ed emotiva della persona e il suo stato di salute. Di conseguenza, un lavoro di tipo emozionale potrebbe essere molto utile, oltre che di per sé, anche a fini di promozione di una buona forma fisica.
Il counseling di approccio psicosomatico nella situazione di malattia
Il counseling di approccio psicosomatico è, in questi casi, un ottimo strumento di supporto alla persona. Il counselor spealizzato nelle dinamiche della salute dispone infatti di una formazione e di strumenti specifici che gli permettono di riconoscere e di intervenire sui circoli viziosi e virtuosi tra mente e corpo che influiscono sui fenomeni di malattia e guarigione. Il suo lavoro ha la massima efficacia nel momento in cui viene svolto in collaborazione con l’équipe curante (formata da medici, psicoterapeuti e altri professionisti che si prendono cura della persona), in modo da riunire tutte le competenze necessarie e creare una condivisione di conoscenze e strategie di intervento e comunicazione con il cliente, capaci di massimizzare le sue capacità di risposta al problema.
La malattia, soprattutto se di una certa importanza, costituisce un momento di estrema difficoltà nel quale la persona può sentire di perdere molti dei suoi riferimenti, fino a temere per la sua stessa vita. Può inoltre vivere una serie di dolorosi cambiamenti riguardanti l’immagine di sé, i suoi progetti e le sue relazioni con gli altri, sentendosi in balia degli eventi, impotente, debole e separata dal suo corpo, divenuto improvvisamente minaccioso per lei. Spesso è confusa, non capisce che cosa esattamente stia accadendo nel suo corpo e quale sia la reale gravità del problema. Non trova inoltre normalmente una sua implicazione in ciò che le succede, in quanto la malattia è normalmente percepita come un evento che avviene al di fuori di lei (dovuto a fattori atmosferici, tossicità ambientali, ecc.) o all’interno del suo corpo (un organo smette improvvisamente di funzionare a dovere o una cellula “impazzisce”), senza una ragione, come se si trattasse di un tiro mancino della sorte.
In un simile quadro, è abbastanza comune che la persona creda di non avere un personale potere di intervento per ritornare a star bene, se non quello di cercare qualcuno che la “salvi”. Assume di conseguenza un ruolo passivo, nel quale delega agli esperti la maggior parte delle decisioni sulla sua salute. Questo tipo di atteggiamento però non è quello che favorisce il processo di ritorno all’equilibrio dell’organismo.
Aspettative e salute
Le ricerche sull’effetto placebo, ovvero sul potere delle aspettative positive nel processo di guarigione, mostrano che le opinioni degli individui riguardo l’efficacia delle cure e le loro possibilità di ristabilimento possano pesare per il 50% dell’effetto totale dei fattori di guarigione (Kirsh e Sapirstein, 1998). Il sistema di convinzioni è dunque determinante nella spiegazione delle differenti risposte che possano prodursi in individui diversi a parità di diagnosi e terapie (Lipton, 2005): le persone ottimiste rispetto al decorso del loro male, che sentono profondamente la connessione tra il loro problema di salute e ciò che si muove nel loro mondo interiore, che sono convinte di poter intervenire direttamente nel loro percorso di cura e si adoperano a tal fine, godono di un’aumentata speranza di vita, di una maggior qualità di vita e di una miglior risposta alle cure sia in termini di remissione della malattia che di sintomaticità rispetto agli effetti collaterali delle terapie (Benedetti, 2012; Simonton et al. 1978).
Intervento del counselor
Date queste premesse, si può intuire come il counseling di approccio psicosomatico possa essere di grande aiuto nella situazione di malattia, agendo al fine di riportare la persona in una posizione di forza interiore e di gestione attiva del proprio benessere che massimizzi le possibilità di ripristino dell’organismo.
In dettaglio, il counselor psicosomatista, ancor più se in collaborazione con il personale medico che segue il cliente, potrebbe fornire il suo supporto per i seguenti punti:
- modulare le paure scatenate dalla malattia;
- aiutare il cliente a trasformare le convinzioni malsane riguardo il proprio stato di salute;
- aiutare la persona, con la collaborazione dello staff medico, a fare chiarezza riguardo i processi in atto nel suo corpo;
- fornire a chi sta male conoscenze ed esempi sui meccanismi di ripristino dell’equilibrio da parte del proprio corpo, che gli permettano di rinnovare la fiducia nel fatto che il suo organismo lavora incessantemente per preservare la sua vita;
- permettere al cliente di vedere il suo problema di salute come un evento dotato di “senso” nel racconto della sua vita, riflesso della sua personale percezione della realtà e reazione rispetto alle vicende vissute;
- rafforzare il legame tra il cliente e il proprio corpo, educandolo a un ascolto corporeo che gli permetta di riconoscere come il il primo risponda alle sue emozioni in corrispondenza di eventi o sintomi determinati. Solo attraverso una verifica diretta, infatti, egli potrà integrare di essere un’unità formata da psiche e soma;
- aiutare il cliente a comprendere quanto possa essere ampio il suo potere di intervento nel processo di recupero della salute e nella gestione di eventuali ricadute: dal lavoro sulle emozioni, all’adozione di un’ecologia personale più sana, dalle tecniche di rilassamento, alla realizzazione di nuove esperienze in passato sempre rimandate, a un percorso di crescita che favorisca la pace interiore, si tratta di fattori che producono una somatizzazione positiva. È molto importante che il cliente possa percepire che la malattia, oltre ad avere un senso, possa trasformarsi una grande opportunità di miglioramento della propria vita;
- aiutare il cliente a comprendere quali siano i benefici eventuali che si celano nella situazione di malattia e a quali bisogni insoddisfatti si riferiscano. Spesso infatti la malattia “sospende le regole”, per cui la persona trova agli occhi degli altri, ma soprattutto per se stessa, una giustificazione per sottrarsi a una serie di aspettative e richieste, a un ruolo e un’immagine di sé che non riesce più a sostenere. Può finalmente “concedersi” di essere se stessa, di mettersi in primo piano e di riconsiderare le sue priorità. È perciò necessario capire come le stesse esigenze trascurate possano essere rispettate e realizzate al di fuori del disturbo fisico, nella vita di tutti i giorni;
- favorire il punto di vista che la salute non sia un fenomeno statico, ovvero che o c’è o non c’è, ma dinamico, risultante dall’incessante dialogo tra le molteplici dimensioni di cui ogni essere umano è formato, dunque parte della vita. In tal modo diventa più facile per la persona evitare di identificarsi con il ruolo di “malato” che concentra la sua attenzione nei molteplici vissuti di perdita descritti in precedenza e che lascia la propria vita in sospeso fino alla guarigione. Sarà inoltre più agevole per chi soffre ricordarsi che magari è solo una parte di lui a stare male, ma che tutto il resto sta bene;
- mantenere la spinta vitale è fondamentale per riprendere a star bene. Per tale ragione è molto importante che il counselor possa aiutare il cliente a veicolare le sue energie verso atti concreti sia di progettualità e godimento della vita quotidiana che di gestione della salute, come la scelta degli specialisti, la raccolta delle informazioni sulla situazione attuale e la scelta consapevole delle terapie, fondamentale, come abbiamo visto parlando dell’effetto placebo, per potenziare l’efficacia delle cure. In questo modo la persona avrà una maggior sensazione di controllo sulla situazione, il che a sua volta la porterà a rilassare il senso di angoscia, a rafforzare la fiducia nelle naturali capacità di recupero del corpo, permettendo il radicamento delle aspettative positive e creando un circolo virtuoso che lavora a favore della salute;
- studiare insieme al personale sanitario una comunicazione chiara e che, senza niente togliere al realismo, lasci sempre la porta aperta a un’evoluzione positiva del problema, favorendo al contempo una relazione di mutua fiducia tra la persona e l’équipe medica di riferimento;
- mediare affinché il ruolo del cliente come decisore finale sia riconosciuto e accettato sia dal personale medico che dai suoi familiari, al fine di evitare che chi sta male debba disperdere le sue forze su nuovi fronti di tensione. La condivisione della responsabilità delle decisioni di cura con la persona, permette al malato di sentirsi attivo, riconosciuto, vivo, mentre allo stesso tempo il personale medico può lavorare con maggior serenità. La sensazione di collaborazione e appoggio che la persona può sperimentare in queste condizioni crea in lei la percezione di essere “al sicuro”, da cui deriva un rilassamento che è di fondamentale importanza nell’effetto placebo;
- intervenire per lenire le preoccupazioni dei familiari del cliente, le paure e le aspettative negative che, attraverso le loro parole, il linguaggio non verbale e i comportamenti possono essere trasmesse a chi sta cercando di recuperare la salute.
Le interrelazioni tra psiche e corpo riducono il confine tra il disturbo psichico e quello fisico: un problema psichico, infatti, può essere somatizzato diventando fisico, così come un male nel corpo può influire sul nostro stato d’animo. Abbiamo visto in precedenza come uno dei pilastri del rafforzamento del cliente in una situazione di malattia sia dato dalla possibilità che egli possa verificare su di sé come il proprio stato di salute sia un riflesso del suo vissuto interiore. Nel problema di salute, il corpo dunque “si esprime”, diventa strumento di lavoro del counselor psicosomatista al pari dei pensieri e della parola, in quanto egli vede un “segno” in ciò che questo dice.
Conclusioni
Il counseling è una relazione di aiuto che ha l’obiettivo di sciogliere i malesseri che rendono le persone insoddisfatte della loro vita. La tensione creata dalle loro frustrazioni può essere così intensa e duratura da divenire “corpo”, ovvero dall’essere convertita in sintomo fisico se non viene trovata un’altra modalità di trasformazione della stessa. Il counselor in psicosmatica possiede gli strumenti adatti per intervenire nel dialogo costante tra psiche e corpo, in modo da trasformare i circoli viziosi della malattia in circoli virtuosi che riportano sulla via della salute. Attraverso un rafforzamento del legame che la persona ha con il proprio corpo, egli lavora affinché essa si rimetta al centro dei processi e delle decisioni che riguardano la sua salute e, andando oltre, la sua propria vita. Il disturbo può così essere trasformato in un’opportunità di evoluzione per la persona, che il counselor accompagna nella messa in atto dei cambiamenti reali che renderanno la sua esistenza più piena e soddisfacente.
Il sostegno descritto, unito alle cure mediche volte a contenere l’emergenza, permette alla persona di sentirsi accudita da ogni punto di vista, mettendola nelle migliori condizioni affinché il suo corpo possa svolgere senza interferenze il suo incessante lavoro di difesa della vita e dunque di ritorno alla salute.
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Bibliografia
Alexander F. G. (1950), Psychosomatic Medicine, W. W. Norton & Company, New York (trad.it. Medicina Psicosomatica, Giunti-Barbera, Firenze, 1951).
Benedetti F. (2012), L’effetto placebo. Breve viaggio tra mente e corpo, Carrocci Editore, Roma.
Kirsh I., Sapirstein G. (1998), “Listening to Prozac but Hearing Placebo: A Meta-Analysis of Antidepressant Medication”, Prevention & Treatment, Volume 1, Article 0002a, posted June 26, 1998.
Lipton B. H. (2005), The Biology of Belief, S.n., S.l. (trad.it. La biologia delle credenze, Macro Edizioni, Cesena (FC), 2006).
Simonton C., Matthews-Simonton S., Creighton J. L. (1978), Getting well again, Bantam Books, New York, (trad. it. Ritorno alla salute, Edizioni Amrita, Torino, 2005).