Introduzione
Spesso, quando sentiamo dire che le nostre emozioni sono intimamente legate al nostro stato di salute, riconosciamo in quest’affermazione un fondo di verità. Esistono però delle evidenze scientifiche che confermino le nostre percezioni profonde di questo legame?
Dalle Teorie dello Stress, iniziate con i lavori di Walter Cannon e Hans Selye nei primi decenni del Novecento, fino ad oggi, una serie di scoperte e verifiche ha portato alla comprensione di importanti relazioni tra la psiche, l’attività cerebrale, la produzione ormonale e la reazione del sistema immunitario.
La disciplina che si occupa di reinterpretare i fenomeni di malattia e guarigione alla luce di tutte queste interdipendenze è la Psico-Neuro-Endoncrino-Immunologia (PNEI). Da questa scaturisce un nuovo modo di studiare, diagnosticare e curare i problemi di salute.
Cos’è la PNEI?
La Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia è la disciplina che studia le relazioni bidirezionali tra psiche e sistemi biologici (Ader, 2007; Bottaccioli 2005).
La PNEI cerca dunque di capire i meccanismi attraverso i quali le nostre emozioni e i nostri processi psichici, coscienti o inconsci, possano influenzare il funzionamento del nostro cervello, l’equilibrio ormonale e il funzionamento del nostro sistema immunitario, modificando il nostro stato di salute.
Allo stesso tempo verifica come l’alterazione del metabolismo, della produzione ormonale e la reattività della risposta immunitaria, ovvero fenomeni che iniziano nel corpo, possano condizionare il nostro umore e influire sui nostri comportamenti.
La PNEI fonda i suoi studi sull’assunto che l’essere umano è un’unità complessa nella quale ogni elemento, sia immateriale -come le emozioni e la psiche- che materiale -ovvero il corpo con i suoi organi e i suoi processi vitali-, è parte di una rete di segnali che avvengono su tutti i livelli, all’interno dell’organismo, della mente e nell’ambiente esterno, i quali producono reazioni su ogni parte componente del sistema.
Se prendiamo in considerazione un’emozione intensa come la paura improvvisa, vediamo come questa scateni nel corpo una serie di risposte immediate. Per esempio, si assiste a un’attivazione del sistema nervoso simpatico che produce un aumento della produzione di neurotrasmettitori come adrenalina e noradrenalina dalla parte più interna delle ghiandole surrenali. Queste sostanze inducono a loro volta un aumento del battito cardiaco, un maggior afflusso del sangue verso i muscoli scheletrici, un restringimento dei vasi sanguigni e una dilatazione delle vie respiratorie. Tutti questi sono solo alcuni degli adattamenti messi a punto nel corso dell’evoluzione, per garantire un miglioramento immediato della prestazione dell’individuo, al fine di aumentare le sue possibilità di sopravvivenza in una situazione che in letteratura si conosce come di attacco o fuga.
Un’emozione può dunque essere trasmessa a ogni cellula del corpo attraverso una catena di segnali nervosi e risposte biochimiche. E la cosa più sorprendente è che questo “farsi corpo” della sensazione di attacco o fuga si verifica non solo nel momento in cui si è di fronte a un reale pericolo, ma anche quando questo viene solo immaginato o richiamato alla memoria.
Un simile approccio, in cui psiche e corpo sono in stretta relazione, apre il campo a una nuova visione della salute in cui, dalla diagnosi alla cura, si interviene sul corpo e sulla vita psichica ed emotiva della persona non separatamente, bensì congiuntamente, per prendersi cura del soggetto nella sua interezza, considerando tutte le sfumature del suo problema.
Le convinzioni che mantengono il dualismo tra psiche e corpo
Fino a qualche decennio fa, non si riteneva possibile che la psiche potesse influenzare i processi biologici del cervello e dell’organismo, in quanto erano vigenti le seguenti convinzioni:
- il cervello è un sistema isolato dal resto del corpo, grazie alla barriera ematoencefalica1;
- non esiste comunicazione tra il sistema nervoso e il sistema immunitario, di conseguenza pensieri ed emozioni non possono influire sullo stato di salute fisica;
- il tipo di risposta immunitaria non può arrivare al cervello, dunque non può influire sui comportamenti del soggetto;
- la mente è anch’essa corpo: è identificata con i circuiti neurali cerebrali, dunque con la loro struttura fisica e con l’attività di trasmissione nervosa;
- detti circuiti agiscono alla stregua di automatismi (uguali per tutti) e sono localizzati in determinate aree del cervello in base alla loro funzione;
- la psiche non può agire sulla struttura del cervello modificandola, di conseguenza non c’è niente che agisca al di là e al di fuori della materia cerebrale; nuovamente la mente è solo corpo.
Le più recenti scoperte hanno invalidato ognuna di queste convinzioni, dimostrando la validità dell’approccio di rete nella considerazione e nella cura dell’individuo. Esaminiamo ora come queste nuove conoscenze hanno cambiato l’approccio allo studio e alla cura della persona.
La comunicazione bidirezionale tra il cervello e il sistema immunitario
Dal sistema nervoso al sistema immunitario
Lo psicologo sperimentale Robert Ader fece, negli anni Settanta del secolo scorso, un esperimento di condizionamento del comportamento facendo assumere a un animale da laboratorio dello zucchero insieme a un immunosopressore. Alla fine del condizionamento, l’animale presentava comunque un’immunosoppressione anche se aveva assunto solo dello zucchero, il che dimostrava che il cervello aveva una via di collegamento con il sistema immunitario (Ader, Cohen, 1975).
Più recentemente è stata confermata la capacità del sistema nervoso autonomo di attivare le cellule mastoidi (o mastociti2) del sistema immunitario, caratterizzate da un grande potere infiammatorio, contenute negli organi linfoidi3. Ne è stata inoltre rilevata la presenza nel cervello, dove possono produrre infiammazione (Bienenstock, 2012). Oltre a ciò, è stato verificato che la stimolazione del nervo vago, ha un effetto antinfiammatorio misurato con la riduzione del TNF-alfa, una delle più importanti citochine4 infiammatorie (Guarini, 2003).
Dal sistema immunitario al sistema nervoso
Gli studi degli ultimi decenni hanno dimostrato che cellule e sostanze che formano parte del sistema immunitario come citochine, linfociti e macrofagi possono giungere all’interno del cervello o per via nervosa, linfatica, attraverso il nervo vago, oppure attraverso il torrente circolatorio, oltrepassando la barriera ematoencefalica nei punti in questa è più scarsa o assente.
Le citochine forniscono informazioni utili per la regolazione della pressione arteriosa, dell’equilibrio idrico, inducono la produzione di mediatori infiammatori5 e la sintesi di citochine oltre la barriera (Erickson, 2012).
I linfociti T6 svolgono funzioni di sorveglianza immunitaria e stimolano indirettamente la creazione di nuovo tessuto cerebrale soprattutto nell’ippocampo, area deputata all’immagazzinamento e richiamo della memoria. Un deficit immunitario può dunque essere legato a problemi della memoria (Ziv, Schwarz, 2008). Al contrario, un’eccessiva infiammazione porta al blocco della formazione di nuove cellule nervose.
Oltre a tutto ciò, è stato osservata la relazione tra citochine presenti nell’organismo e i cambiamenti di comportamento. Per esempio l’IL-17 è in grado di attivare l’asse dello stress, dunque la produzione di cortisolo delle ghiandole surrenali, condizionando le reazioni alla fatica e alle tensioni emotive degli individui (Besedowsky, 1981 e 1986).
La comunicazione bilaterale tra cervello e immunità è stata dimostrata anche a livello molecolare: è stato verificato infatti che i linfociti presentano recettori di membrana per i più importanti ormoni e neurotrasmettitori prodotti dal cervello mentre, al tempo stesso, i linfociti stessi sono capaci di produrre sostanze identiche o analoghe a quelle di origine cerebrale (Blalock, 1989). La comunicazione tra sistema nervoso e immunità inoltre non avviene solo tra sistemi ma, permea l’intero organismo, diffondendosi a livello locale tramite i neuropeptidi8 rilasciati dalle fibre del tessuto nervoso periferico (Pert, 1997).
La distinzione tra un neurotrasmettitore e una citochina diventa meno chiara, dato che i nervi possono rilasciare sostanze infiammatorie come l’istamina e citochine come IL-1 e IL-6. D’altra parte anche le cellule del sistema immunitario possono sintetizzare e rilasciare neurotrasmettitori e neurormoni. “Insomma, il linguaggio usato dal nostro organismo è unitario e fondato su parole riconoscibili da tutti i reparti del network” (Bottaccioli, 2014, p. 101).
La struttura cerebrale risente anche degli stili di vita. Per esempio un ambiente stimolante e un’attività fisica di media intensità causano un moderato rilascio nel cervello di sostanze che incrementano il BDNF (fattore nervoso di derivazione cerebrale, il più importante fattore trofico del cervello) che stimola la produzione di nuovi neuroni.
Da tutto ciò sembra che il cervello non sia, come ritenuto fino al secolo scorso, un organo mantenuto al riparo dal resto del corpo. Al contrario, è in relazione reciproca con tutti gli altri organi e sistemi, così come risente degli stimoli, delle abitudini e dei condizionamenti dell’ambiente esterno.
Produzione ormonale e risposta immunitaria
Esiste un’importante relazione tra psiche ed equilibrio ormonale. Gli stati emozionali, infatti, influiscono sull’attività dell’ipotalamo, la “centrale di comando” di gran parte degli ormoni prodotti dalle ghiandole endocrine.
A loro volta questi possono avere un’azione di stimolo o inibizione sul tipo di risposta immunitaria. Per esempio possono favorire un tipo di risposta TH-1, di tipo citotossico, ovvero orientata all’eliminazione di virus, agenti patogeni intracellulari e cellule cancerose, oppure una risposta TH-2, di tipo anticorpale e infiammatorio, che si attiva in presenza di parassiti, danni tissutali, e reazioni allergiche. Quest’ultimo tipo di risposta, per esempio, è attivata da un aumento della produzione di cortisolo, dunque è frequente nella condizione di stress.
La psiche plasma la struttura del cervello da cui deriva
Ancora nel 1998 la mente veniva considerata “una macchina geneticamente predeterminata” dotata di automatismi che regolavano ogni tipo di attività, fisiologica, vegetativa o comportamentale. Di conseguenza, come sosteneva il neurobiologo Michael Gazzaniga, l’uomo non è padrone di se stesso, ha solo la percezione di decidere ciò che in realtà il suo cervello ha già deciso per lui.
Più recentemente è lo stesso Gazzaniga che, riguardo l’identità mente-cervello, riconosce che mente, emozioni e percezioni cambiano di continuo e che inoltre tutti i cervelli sono diversi tra loro. Di conseguenza non possono essere individuati meccanismi di risposta uguali per tutti gli individui, in quanto le stesse operazioni mentali possono essere svolte da due individui utilizzando circuiti cerebrali diversi (Gazzaniga, 2011).
Inoltre le nuove tecniche non invasive di neuroimaging9 hanno messo in evidenza che il cervello è sì formato da aree funzionali specializzate, ma che l’attività psichica si realizza tramite circuiti nervosi formati da gruppi di neuroni anche molto distanti tra loro che comunicano entrando in risonanza, ovvero scaricandosi alle medesime frequenze elettriche. Un circuito può dunque essere formato da neuroni che appartengono ad aree cerebrali diverse come:
- aree corticali (esecutive prefrontali);
- aree emozionali sottocorticali (amigdala);
- aree limbiche legate alla memoria (ippocampo);
- aree legate allo stress (ipotalamo).
Si mantiene dunque la suddivisione del cervello in aree funzionali ma l’attività mentale non avviene limitatamente a ciascuna di queste, bensì le coinvolge nel loro insieme. Tali connessioni mostrano inoltre una grande variabilità tra soggetti diversi e in momenti diversi nello stesso soggetto.
Infine, è stato verificato che le funzioni psichiche non solo producono pensieri, emozioni, sentimenti e comportamenti, ma danno anche forma ai circuiti stessi dai quali sono generate. In altre parole la psiche retroagisce sulla struttura cerebrale che l’ha prodotta (Varela, 1985; Le Doux, 2002).
Cervello e variabili ambientali.
La rete di stimoli e risposte non si limita alla relazione tra psiche e corpo ma si estende ai condizionamenti dell’ambiente esterno che vengono percepiti e vissuti dal soggetto. Eventi interni ed esterni vengono, dal punto di vista molecolare, riflessi a livello cerebrale nella segnatura epigenetica10. Il cervello dunque funge da adattatore della rete dell’organismo modificando, in base alle richieste dell’ambiente, i principali sistemi cerebrali che presiedono all’organizzazione dei comportamenti, dell’apprendimento, della memoria e delle relazioni. Questo potere di segnatura epigenetica è così intenso che gli sviluppi culturali possono portare profonde modificazioni del genoma umano (Damasio, 2003 e 2010).
È stato inoltre verificato che un’attività cerebralmente impegnativa o la meditazione cambiano il volume totale della materia grigia e ristrutturano circuiti cerebrali: inducono cioè plasticità cerebrale (May, 2011).
Al contrario, studi realizzati in Scozia mostrano che una situazione di svantaggio sociale è associata a una riduzione della superficie delle aree cerebrali fondamentali rispettivamente per le attività esecutive11 e linguistiche12 (Krishnadas, 2013). Altre ricerche associano lo svantaggio sociale all’organizzazione della sostanza bianca cerebrale e all’infiammazione sistemica (Gianaros, 2013) (p. 141).
Riassumiamo dunque i punti fondamentali della nuova visione delle relazioni mente-corpo fondata sulla rivoluzione scientifica in corso.
Conclusioni
Alla luce di tutte le verifiche sperimentali citate, esiste indubitabilmente una relazione tra corpo, cervello e psiche. La difficoltà storica di considerare la realtà di questa relazione è stata dovuta all’inaccettabilità del fatto che un elemento immateriale come la psiche potesse condizionare un elemento fisico, materiale, come il cervello.
Negli ultimi 50 anni, attraverso le teorie della complessità e gli studi anzi citati prodotti dalla PNEI e dall’epigenetica (si veda l’articolo sull’epigenetica) è diventato chiaro che la psiche non è un semplice effetto collaterale dell’attività nervosa. Questa certo emerge da un insieme complesso delle attività delle reti neurali ma ha una propria autonomia e “retroagisce sulla biologia condizionandola nel bene e nel male” (Bottaccioli, 2014, p. 142). La psiche produce, attraverso gli estesi condizionamenti di tipo neurologico, endocrino ed immunitario che abbiamo visto, non solo cambiamenti strutturali nel cervello, ma nell’interno organismo, agendo in modo determinante sul nostro stato di salute.
A questo sistema complesso si aggiungono le variabili ambientali, le condizioni socioeconomiche, la maggiore o minore salubrità del luogo in cui si vive, il sistema di relazioni, l’educazione, l’alimentazione e l’attività fisica che, attraverso la psiche e i meccanismi della segnatura epigenetica apportano nuove variabili al sistema multifattoriale della salute.
Tutte queste conoscenze rendono necessario un approccio alla salute che tenga conto, dalla diagnosi all’intervento, di tutte queste variabili. Non è più pensabile un sistema di cura basato esclusivamente sull’uso delle terapie farmacologiche, ma è necessario disegnare un nuovo modello di terapia integrata che preveda:
- una maggior informazione alla persona riguardo diagnosi e terapie disponibili;
- una sperimentazione diretta da parte del soggetto della relazione bidirezionale tra psiche e corpo, la quale possa confermargli l’implicazione nel suo stato di salute e dunque il proprio potere d’azione per ritornare a stare bene;
- una presa in carico della situazione psico-emozionale della persona attraverso il counseling13, la psicoterapia, le tecniche di rilassamento, meditazione e gestione dello stress;
- un uso dei farmaci limitato allo stretto necessario;
- un cambiamento in senso più salutare dello stile di vita.
Per approfondimenti sulle altre discipline fautrici di un approccio olistico alla salute, vi rimandiamo alla pagina Psicosomatica.
Bibliografia
Ader R. (2007), Psychoneuroimmunology, IV ed., Academic Press-Elsevier, San Diego.
Ader R, Cohen N. (1975), “Behaviorally conditioned immunosuppression”, Psychosomatic Medicine, Jul-Aug;37(4):333-40.
Bienenstock J. (2012), Allergy and the Nervous System, Karger, Basel. (Guarini, 2003).
Besedowsky H.O., Del Rey A., Sorkin E. (1981), “Lymphokine-containing super-natants from con A-stimulated cells increase corticosterone blood levels”, J. Immunol., 126, pp. 385-387.
Besedowsky H.O., Del Rey A., Sorkin E., Dinarello C.A. (1986), “Immunoregulatory feedback between interleukin-1 and glucocorticoid hormones”, Science, 233: 652-654.
Blalock J.E. (1989), “A molecular basis for bidirectional communication between the immune and neuroendocrine systems”, Physiol. Rev., 69, pp. 1-32.
Bottaccioli F. (2005), Psiconeuroendocrinoimmunologia, 2ª ed., Red, Milano.
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Damasio A. R. (2003), Looking for Spinoza: Joy, Sorrow, and the Feeling Brain, Harcourt, 2003 (trad. it. Alla ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti e cervello, Adelphi, Milano, 2003).
Damasio A. R. (2010), Self Comes to Mind: Constructing the Conscious Brain (trad. it. Il sé viene alla mente. La costruzione del cervello cosciente, Adelphi, Milano, 2012). (May, 2011).
Erickson M. et al. (2012), “Neuroinflammation: a common pathway in CNS disease as mediated at the Blood Brain Barrier”, Neuroimmodulation 19, pp. 121-130 (Ziv, Schwarz, 2008).
Gazzaniga M. (1998), The Mind’s Past, University of California Press; (trad. it., La mente inventata. Le basi biologiche dell’identità e della conoscenza, Guerini, Milano, 1999).
Gazzaniga M. (2011), Who’s in charge?, Harper Collins, New York (trad. it., Chi comanda? Scienza, mente e libero arbitrio, Codice, Torino, 2013). (Varela, 1985; Le Doux, 2003).
Gianaros P.J. Et al. (2013, “Inflamatory pathways link socioeconomic inequalities to white mater architecture”, Cerebral Cortex 23: 325-41.
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Varela F. (1985), “Complessità del cervello e autonomia del vivente”, in Bocchi G., Ceruti M. (ed) La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano.
Note
1 Si tratta di un rivestimento dei capillari cerebrali, il cui epitelio interno non permette il passaggio di sostanze dal flusso sanguigno al cervello, al di fuori dei nutrienti di cui questo ha bisogno. I capillari inoltre sono rivestiti da cellule gliali dette astrociti che aumentano la capacità di “filtraggio” della barriera.
2 I mastociti sono cellule del tessuto connettivo che producono istamina (sostanza che produce dilatazione e permeabilità dei capillari) ed eparina (sostanza anticoagulante).
3 Gli organi linfoidi sono quelli nei quali avviene la produzione (midollo osseo, timo), la maturazione e l’attivazione (milza, linfonodi) delle cellule immunitarie.
4 Le citochine sono delle proteine prodotte da monociti (tipi di globuli bianchi) e linfociti (cellule del sistema immunitario) implicate in fenomeni biologici come il differenziamento cellulare, la risposta immunitaria e i processi infiammatori. Fanno parte del sistema immunitario aspecifico e fungono da mediatori, in quanto costituiscono i segnali di comunicazione fra le cellule del sistema immunitario e fra queste e diversi organi e tessuti. Le citochine prodotte da cellule del sistema immunitario sono dette interleuchine (indicate tramite la sigla IL seguita dal numero che denota la specifica interleuchina).
5 Uno di questi è la prostaglandina E2 (PGE2).
6 Cellule del sistema immunitario che svolgono un ruolo essenziale nell’iniziare, mantenere e controllare la risposta immunitaria.
7 Citochina di tipo infiammatorio.
8 Piccole molecole prodotte dal tessuto nervoso che servono a comunicare informazioni ad altri neuroni o ad altri tipi di cellule che abbiano i recettori corrispondenti.
9 Si tratta di tecniche come la risonanza magnetica funzionale, tecniche di stimolazione transcranica, ecc.
10 Si veda a tale proposito l’articolo Le rivoluzioni in atto nella medicina contemporanea: l’epigenetica.
11 Cortecce parietali.
12 Area di Wernicke.
13 Per una descrizione più dettagliata dell’intervento di counseling nella situazione di malattia si veda l’articolo L’intervento del Counseling in psicosomatica.