Non è infrequente che diverse persone che incontro mi chiedano cosa dica la psicosomatica riguardo la causa del loro problema di salute. La storia della psicosomatica inizia a cavallo tra Ottocento e Novecento, ed effettivamente nasce con i tentativi della psicoanalisi di attribuire un significato simbolico ai sintomi fisici, considerati tentativi del corpo di comunicare un disagio non espresso altrimenti, mediante parole, emozioni e comportamenti.
Successivamente, a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo, la Medicina Psicosomatica (Alexander, 1950), ha cercato di capire la relazione tra un determinato tipo di conflitto interiore e l’alterazione di alcune funzioni del corpo e dei tessuti di specifici organi. Negli ultimi decenni, seguendo e ampliando il filone delle Teorie dello stress, gli studi si sono concentrati, almeno per quel che riguarda la “scienza ufficiale”, a tracciare le relazioni tra emozioni, attivazione nervosa e biochimica interna, cercando al tempo stesso di verificare come un sostegno psicologico potesse condizionare il decorso del problema di salute e la vita dei pazienti. L’insieme di questi lavori ha portato gli studiosi a concordare su una serie di comportamenti utili al fine di favorire una buona salute.
Non si è invece ancora pervenuti a conclusioni riconosciute riguardo la relazione tra specifiche emozioni e disturbi di funzioni e tessuti di determinate parti del corpo. Se infatti ci sono alcune evidenze riguardo, per esempio, le difficoltà di relazione matrimoniale, l’insoddisfazione sessuale e il cancro della cervice uterina (Stephenson, 1954), si è anche visto che situazioni di instabilità nel rapporto di coppia sono predittive anche nelle maggiori incidenze di cancro alla mammella (Reznikoff, 1955). Inoltre, la qualità delle relazioni affettive è influenzata da quel che la persona ha vissuto durante l’infanzia: perdite di persone importanti, difficoltà economiche e familiari sperimentate nelle fasi precoci della vita, possono condizionare la generale capacità della persona di gestire lo stress e le relazioni, il che, unito ad altri fattori come l’isolamento sociale, può essere un fattore predittivo di diversi tipi di tumore nelle varie parti del corpo (Horne e Picard, 1979; Reynolds e Kaplan,1990).
Dunque la ricerca di risposte alle domande «Perché mi sono ammalato? Perché proprio io? Perché proprio adesso? » è qualcosa di strettamente personale che deve essere intrapresa con qualche avvertenza per l’uso. La prima avvertenza è che probabilmente non si troverà una risposta semplice e scevra di dubbi; la seconda avvertenza riguarda il fatto che richiamare ripetutamente alla memoria fatti drammatici e sofferenze passate possa fornire più ragioni per morire che per vivere.
Per avere qualche elemento in più su cui riflettere, vi propongo la seguente illustrazione, la quale cerca di dare un’idea delle variabili e delle interrelazioni coinvolte nelle dinamiche della salute.
La molteplicità del numero e della natura dei fattori coinvolti, della serie di reazioni, controreazioni e interdipendenze in gioco, rendono l’Uomo un sistema estremamente complesso. Variabili di tipo fisico, chimico, economico, psicologico, spirituale, esistenziale, culturale e di ecologia personale, contribuiscono a definirci in ogni momento.
Per tale motivo, la ragione per la quale possiamo esserci o non esserci ammalati, essere o non essere guariti, difficilmente può essere ridotta a una mera relazione causale tra un evento, un’emozione e un sintomo. La questione chiave è perché vogliamo darci una spiegazione di questo tipo, che utilità vogliamo trarne?
Se con la domanda «Perché mi sono ammalato?» ci proponiamo di trovare un “colpevole” verso il quale scaricare la rabbia, rischiamo di alimentare quella spirale di emozioni che attivano la risposta da stress e di disperdere energie psicofisiche preziose, magari proprio nel momento nel quale sono rese più limitate, o dal problema di salute o dalle terapie a cui ci stiamo sottoponendo. In questo modo inoltre manteniamo la nostra attenzione rivolta verso la malattia e verso un passato che non può essere cambiato. E questo logora anziché dare la spinta che cerchiamo.
C’è però un modo diverso di cercare una risposta che sposta verso un maggior livello di carica vitale, quello che si esprime in termini di significato: «Che cosa l’esperienza di malattia mi sta insegnando? Se credo che malesseri o situazioni del passato mi abbiano fatto soffrire fino al punto di farmi ammalare, cosa posso fare perché questo non si ripeta? Come quest’esperienza si inserisce nel racconto della mia vita e nella mia crescita personale? Che insegnamenti preziosi posso cogliere che mi aiuteranno a diventare quello che realmente vorrei essere e a costruire la vita che davvero voglio vivere?».
Una ricerca di significato orientata in tal modo, permette di investire energie verso una più alta qualità di vita, nella quale ripartiamo da noi stessi e dai nostri bisogni per realizzare una quotidianità che sia più in armonia con la nostra natura profonda. E nel momento in cui vediamo che è possibile prendere una strada diversa rispetto al passato, quest’ultimo diventa meno importante, perché dimostriamo a noi stessi che indipendentemente da vecchi fatti ed errori commessi, da oggi possiamo iniziare a scrivere una storia diversa, possiamo sganciarci da vecchi conflitti interiori e trovare nuovi valori e forme di godere del presente e di disegnare il nostro futuro.
È in questo senso dunque che le varie proposte di relazione causale tra emozione e sintomo, di derivazione psicoanalitica o di altra matrice1 dovrebbero intendersi, come proposte da valutare, “piste” di senso che la persona può riconoscere come “vere” per sé, in base alla propria sensibilità e che può usare come leve per aumentare la sua qualità di vita e favorire il proprio cammino verso la pienezza.
Se vuoi saperne di più o desideri comprendere più in profondità il messaggio profondo che l’esperienza della malattia ti sta comunicando, contattami.
Bibliografia
Alexander F. G. (1950), Psychosomatic Medicine, W. W. Norton & Company, New York (trad.it. Medicina Psicosomatica, Giunti-Barbera, Firenze, 1951).
Horne R.L., Picard R.S. (1979), “Psychosocial risk factors for lung cancer”, Psychosom Med, Nov;41(7):503-14.
Reynolds P., Kaplan G.A. (1990), “Social connections and risk for cancer: prospective evidence from the Alameda County Study”, Behav Med, Fall;16(3):101-10.
Reznikoff M., (1955), “Psychological factors in breast cancer; a preliminary study of some personality trends in patients with cancer of the breast”, Psychosom Med, Mar-Apr;17(2):96-108.
Stephenson J.H., Frace W.J. (1954), “Life stress and cancer of the cervix”, Psychosom Med, Jul-Aug;16(4):287-9.
Note
1 Mi riferisco per esempio, alla Metamedicina o al modello delle 5 Leggi Biologiche.
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