Gli studi sulla relazione tra mente e cancro realizzati durante gli ultimi cinquant’anni rivelano che la mancanza di coerenza tra la natura interiore delle persone e la vita che conducono costituisce un filo conduttore, un ritornello, nello stress che ha preceduto l’insorgenza della malattia e che ne può influenzare il decorso. Sono davvero tanti i racconti di individui che hanno rinunciato ai loro sogni, a mettere alla prova e sviluppare il loro potenziale, che fanno una vita alla quale si sono piegati e verso la quale non nutrono più speranze. D’altra parte, il fatto di concedersi di riscoprire ed esprimere chi si è veramente, di mettere al primo posto il proprio desiderio di sentirsi vivi e di fare le esperienze che davvero si desiderano, sembra essere il fattore comune ai casi di ritorno alla salute anche in stadi di malattia molto avanzati.
È per questo motivo che nel metodo Simonton si accompagna la persona nella ricerca del messaggio che il problema di salute può avere in serbo per lei. Quello che si insegue però non è la risposta alla domanda «Perché mi sono ammalato?». Un quesito come questo drena molte energie e normalmente non conduce a una risposta semplice e certa. La domanda chiave è piuttosto «Come posso usare l’insoddisfazione, le sofferenze del passato e l’esperienza della malattia per capire chi sono veramente e trasformare la mia vita nel posto in cui davvero voglio vivere?».
Il dr. Simonton osservava che per la maggior parte dei suoi pazienti il messaggio della malattia era un messaggio d’amore, un invito a essere più gentili con se stessi e a creare una vita che fosse in armonia con la propria natura profonda. E per cogliere questo invito erano necessarie due cose: chiarire quale fossero i bisogni personali rivelatisi irrinunciabili e dar loro la priorità nelle decisioni quotidiane.
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